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La lattoferrina, una glicoproteina dell’immunità naturale, può essere utile per contrastare l’infezione e l’infiammazione causate dal nuovo coronavirus, agendo come barriera naturale della mucosa sia respiratoria che intestinale, e ripristinando i disturbi del ferro legati alla colonizzazione virale. Questo è quanto concludono gli autori di uno studio tutto italiano, i cui risultati saranno presto pubblicati. La lattoferrina, presente nelle mucose e nei granuli dei neutrofili, è in grado di inibire sia direttamente che indirettamente diversi virus, e di aumentare in sicurezza la risposta immunitaria sistemica. Non a caso è stata studiata in passato per i suoi effetti inibitori su Hiv e citomegalovirus, e non ha mostrato citotossicità. La molecola è in grado di sottrarre il ferro non legato dai fluidi corporei e dalle aree di flogosi, evitando così il danno causato dai radicali tossici dell’ossigeno e diminuendo la presenza di ioni ferrici. «I risultati ottenuti nei pazienti hanno dimostrato per la prima volta l’efficacia della lattoferrina nel favorire, senza effetti avversi, la remissione dei sintomi clinici di positivi sintomatici a COVID-19, e la negativizzazione del tampone già dopo 12 giorni dal trattamento» spiega Elena Campione, del Policlinico Tor Vergata di Roma, che ha guidato lo studio, oltre a essere l’autrice principale di un articolo uscito sull’International Journal of Molecular Sciences in cui ha presentato la sperimentazione in questione. I ricercatori hanno somministrato per via orale e intranasale a pazienti con COVID-19 paucisintomatici e asintomatici una formulazione liposomiale innovativa di lattoferrina. La qualità, la purezza e l’integrità della lattoferrina utilizzata sono state valutate durante lo studio, e sono state effettuate anche prove in vitro sull’azione antivirale della molecola, che ha mostrato di poter impedire l’infezione da SARS-CoV-2 già in fase precoce. Gli esperti, grazie a questo approfondimento sui meccanismi d’azione della lattoferrina, sono arrivati a suggerire che il trattamento potrebbe essere ben sfruttato in particolare nei pazienti paucisintomatici e asintomatici, o addirittura a livello di prevenzione.
Intern J Molec Sciences 2020. Doi: 10.3390/ijms21144903