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Lo si sa da tempo: la dieta vegetariana riduce il rischio di incorrere in alcune patologie croniche gravi, come ad esempio l’ipertensione arteriosa, la sindrome dismetabolica, il diabete mellito e le malattie dell’apparato cardiovascolare.
Ora una nuova ricerca pubblicata su Jama internal medicine e realizzata dai ricercatori californiani della Loma Linda University aggiunge alcuni dettagli significativi. La ricerca ha esaminato un gruppo importante di persone, costituito da 73.308 soggetti, tutti appartenenti alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno, gruppo religioso molto attento a uno stile di vita sano. Questo gruppo di persone è stato suddiviso in cinque sottogruppi: non vegetariani, semivegetariani, pesco-vegetariani (coloro che si cibano anche di pesci), latto-ovo-vegetariani (coloro che usano latte e derivati e uova) e vegani (gruppo vegetariano puro che non utilizza assolutamente prodotti che provengono dal mondo animale).
È stato condotto quindi un follow-up di circa sei anni, dove sono stati registrati 2570 soggetti deceduti; facendo le dovute correzioni dei dati, ad esempio quelle legate al fatto che i soggetti vegetariani erano in media più vecchi, avevano un livello d’istruzione più alto, bevevano e fumavano di meno, facevano più attività sportive, si è costatato che i vegetariani avevano un rischio di mortalità, per qualunque causa considerata, ridotto del 12% rispetto ai non vegetariani. Nei vegani questo minor rischio di mortalità saliva al 15% e per i pesco-vegetariani, cioè coloro che continuano comunque a cibarsi di pesce, al 19 % mentre scendeva al 9% per i latto-ovo-vegetariani e all’8% per i semi-vegetariani, cioè coloro che mantengono una dieta mista e a volte ritornano ad essere onnivori.
Dal punto di vista andrologico parlando poi, la ricerca ha messo in evidenza che il rischio di mortalità è più alto tra le donne.
Fonte:
Jama internal medicine