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Un metabolita prodotto a seguito del consumo di soia, grazie alla presenza di certi batteri intestinali, può diminuire il rischio di demenza. In uno studio pubblicato su Alzheimer’s & Dementia: Translational Research & Clinical Interventions, è stato osservato che i partecipanti in grado di produrre equolo, metabolita di un isoflavone di soia, avevano livelli inferiori di lesioni della sostanza bianca del cervello, che, come precisato dal primo autore Akira Sekikawa dell’University of Pittsburgh negli Stati Uniti, sono fattori di rischio significativi per il declino cognitivo, la demenza e la mortalità per tutte le cause.
Lo studio è stato condotto su 91 giapponesi tra i 75 e gli 89 anni con cognizione normale, sottoposti tra il 2016 e il 2012 a imaging del cervello. L’equolo è stato misurato in campioni di sangue prelevati anni prima, tra il 2008 e il 2012.
Ebbene, i risultati mostrano che la produzione di equolo non ha influito sui livelli di beta-amiloide depositati nel cervello, ma era associata a volumi ridotti di lesioni della sostanza bianca. Inoltre, quando non c’è stata produzione di equolo, alti livelli di isoflavoni non avevano avuto effetto né sui livelli di lesioni della sostanza bianca né sul beta-amiloide.
Secondo Sekikawa, che insieme al suo gruppo aveva in precedenza mostrato l’associazione tra la produzione di equolo e un minor rischio di malattie cardiache, sarebbe la capacità di produrre l’equolo dagli isoflavoni di soia a essere la chiave per sbloccare benefici protettivi provenienti da una dieta ricca di soia. Tale prodotto è consumato regolarmente in Giappone, paese in cui studi epidemiologici hanno mostrato che l’apporto di isoflavoni di soia dalla dieta si associa a minor rischio di malattie cardiache e demenza; un dato non riscontrato in molti studi condotti in America. Ciò potrebbe essere dovuto al microbioma: il 40-70% dei giapponesi e solo il 20-30% degli americani hanno nel loro intestino batteri che possono convertite gli isoflavoni in equolo.
Per Sekikawa, integratori di tale metabolita potrebbero un giorno far parte di strategie di prevenzione basata su diete che sembrano diminuire il rischio di demenza, ma dovranno prima essere condotti trial clinici randomizzati. «Questo tipo di studio attira sempre l’attenzione della gente, ma non possiamo dimostrare che l’equolo protegge dalla demenza fino a quando non avremo uno studio clinico randomizzato con prove sufficienti» ha affermato.
Alzheimers Dement 2020. Doi: 10.1002/trc2.12089
https://doi.org/10.1002/trc2.12089