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Quello che stiamo vivendo in questo periodo sta mettendo a dura prova la nostra psiche. Insieme ad emozioni come paura, ansia e varie preoccupazioni per il futuro sta emergendo un senso di solitudine importante nelle persone. Questo senso di solitudine devastante è dato dalle misure di contenimento messe in atto per contenere il virus e poi dal dover affrontare la malattia senza poter avere contatti con familiari, amici o conoscenti. Ci troviamo a confrontarci oltre che con il Covid con un’ altra epidemia globale: la solitudine causata dall’isolamento. Il distanziamento sociale ha limitato molto il contatto umano. Le uscite con gli amici, le relazioni sociali, la condivisione di tempo e di esperienze, gli scambi comunicativi ed il contatto umano sono stati tutti fortemente limitati al fine di preservare la salute collettiva. Queste forme di protezioni, utili e necessarie per tutti, hanno però incrementato il senso di isolamento e di esclusione.
La solitudine può avere degli effetti devastanti sulla salute delle persone. Uno studio della Health Resources and Services Administration sostiene che una grave solitudine può nuocere alla salute tanto quanto fumare 15 sigarette al giorno. Gli studiosi negli Stati Uniti hanno affermato che gli anziani che sopportano lunghi periodi di solitudine hanno un rischio di mortalità del 45% superiore rispetto agli altri. L’uomo, si sa, è un animale sociale e ha bisogno di interagire e di trovare il proprio posto all’interno della comunità. Per questo, quando non ci riesce entra in crisi, mettendo in discussione tutto il proprio mondo. Diviene fondamentale non trascurare gli effetti che ha la solitudine non solo sugli anziani ma anche sui giovani, sempre più connessi ma sempre più soli. La tecnologia dovrebbe avvicinarci, ma in realtà da tutte le statistiche emerge che siamo sempre più soli. A tal proposito mi ha molto colpito un’inchiesta del quotidiano inglese The Guardian che mette in evidenza come l’isolamento sociale stia incrementando le richieste di fidanzati in affitto, robot e cam performance. Così molte aziende hanno pensato bene di investire nella robotica, proponendo soluzioni tecnologiche per offrire un supporto a chi soffre di solitudine. Siamo davvero così sicuri che la tecnologia possa aiutarci a combattere l’epidemia della solitudine e a colmare la distanza fisica ed affettiva? Siamo sicuri che l’intervento della robotica aiuterà alcune persone a combattere l’isolamento? Oppure siamo destinati a dimenticare quale sia il contatto reale con le persone in carne e ossa? Se ci guardiamo intorno ci rendiamo conto che le attività produttive e sociali si sviluppano proprio per creare solitudine. Pensiamo, ad esempio, ai ristoranti self service, alle casse automatizzate, al Telepass, ai risponditori automatici, al telefono di alta tecnologia; tutte modalità che portano ad isolare sempre di più le persone, relegandole in mondi virtuali.
Non possiamo fare finta di nulla. Prima di tutto credo sia fondamentale accettare e normalizzare dei sentimenti che vanno dalla tristezza, alla rabbia, alla disillusione. È vero che la solitudine può farci ammalare ma può anche essere un’opportunità di crescita, un’occasione per rivedere molti aspetti di noi stessi e del rapporto con gli altri, offrendoci nuovi punti di vista e differenti spunti di riflessione. Lo scenario può apparire desolante; tutti noi siamo stati isolati nelle nostre case e questo ha determinato anche un cambiamento repentino delle nostre abitudini e del nostro stile di vita. Ognuno di noi ha dovuto fare significative rinunce sia sul piano affettivo, che relazionale e lavorativo. Mai lo avremmo immaginato. Pensiamo a quanto sia importante il contatto visivo, a quanto grande sia il valore di un incontro, di un abbraccio. Purtroppo la pandemia da Covid-19 e le misure restrittive applicate per combatterne la diffusione non favoriscono tutto ciò. La nostra è una società che ci vuole sempre veloci, produttivi, performanti ed efficienti. La velocità viene vista come un valore e chi si ferma, chi rallenta è fonte di disagio e può creare disturbo agli altri e ciò può essere fonte di esclusione. La nostra cultura apprezza e promuove la velocità e la prontezza. Obbligati a ritmi frenetici, abbiamo perso quella capacità di aspettare, di rallentare, di avere pazienza. È come se vivessimo sempre con il piede sull’ acceleratore e, cosi facendo, ci perdiamo e prestiamo scarsa attenzione al presente, al qui ed ora, a ciò che ci circonda. Tra un po’ arriverà il Natale che per molti rappresenta il momento per ricongiungersi con i propri cari, assaporando appieno quel senso di calore e di famiglia che magari il resto dell’anno è vissuto meno intensamente. Questo Natale però ha tutte le caratteristiche per essere diverso. Pensiamo alla solitudine degli anziani o di chi vive da solo. Come possiamo far sentire la nostra vicinanza a persone a noi care ma che per il distanziamento sociale non possiamo vedere? Iniziamo a dare importanza ai piccoli gesti come una telefonata, una chiacchierata. Si possono ricercare delle situazioni in sicurezza, dando il messaggio che, malgrado la situazione, persone a noi care possono contare su una rete di supporto sociale. In questo caso i social, se utilizzati in modo responsabile e ponderato, possono essere di grande aiuto. Pensiamo alle molte iniziative on line ,come concerti o attività di solidarietà, volte a creare un senso di appartenenza tra persone, parenti e amici e che contribuiscono ad alleviare, per quanto possibile, quel senso di solitudine e di alienazione tipico di questo periodo. In questo momento così particolare e delicato ognuno può avere bisogno di un sostegno e il messaggio che vorrei arrivasse è che chiedere aiuto non è mai un segno di debolezza ma piuttosto un atto di coraggio e di responsabilità.