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L’assunzione di ansiolitici tra i cittadini è cresciuta nel 2020 nel nostro Paese rispetto all’anno precedente, proprio nei mesi più duri della pandemia e con un picco a fine anno, nel pieno della seconda ondata. I numeri sono stati presentati da Aifa nei giorni scorsi e mostrano che nell’anno appena concluso gli italiani hanno comprato meno pillole dell’amore e contraccettivi, ma più ansiolitici: il consumo di questi ultimi ha avuto un’impennata, in particolare, a partire dal mese di ottobre 2020. Massimo Cozza, psichiatra e direttore del Dipartimento di Salute mentale della Asl Roma 2, in un’intervista a Doctor33.it commenta i dati, confermando che questa seconda fase sta portando un senso di rabbia e frustrazione più forti nelle persone rispetto alla prima ondata.
«La riduzione nell’assunzione di ansiolitici si è verificata in corrispondenza del periodo delle ferie, ad agosto, quando si era più rilassati; i numeri del contagio erano più bassi e la prima fase della pandemia era conclusa – afferma lo psichiatra -. Poi a fine anno si è registrata un’accelerata significativa con un crescendo e un picco a dicembre, segno di un sentimento di rabbia e di frustrazione dovuti al protrarsi di una situazione dalla quale si sperava di poter finalmente uscire.
Questi sentimenti, insieme all’insonnia, sono stati più intensi rispetto alla prima fase. Paradossalmente il lockdown totale sembra aver pesato meno a livello psicologico rispetto alle chiusure e aperture della seconda ondata in quanto nella prima fase c’era una condivisione delle regole da parte di tutti nella speranza univoca di poter uscire presto dall’emergenza». Un dato dimostra quanto detto: l’andamento dell’acquisto di ansiolitici, che spesso vengono utilizzati per dormire meglio, è passato da circa 20 confezioni al giorno per 10mila abitanti vendute in agosto a circa 28 vendute a dicembre; durante la prima ondata era restato sotto quota 24.
«In questo momento c’è anche chi sta subendo maggiori danni economici e lavorativi, che si riflettono sulle condizioni psicologiche. Va considerato inoltre anche il disagio scolastico, dei docenti, degli alunni, dei genitori – prosegue Cozza -. Più si va avanti, più ci sono ritorni negativi, anche perché si vedono poche prospettive di uscita a breve termine».
L’esperto fornisce un consiglio a chi sta affrontando questo momento di incertezza: «È importante non tenere questa preoccupazione dentro la propria mente, ma condividerla parlando con le persone di cui si ha fiducia. Esternare le preoccupazioni è un fattore molto importante; eventualmente si consiglia di parlarne con il proprio medico di famiglia. Poi se queste preoccupazioni sono invalidanti ci si può rivolgere a uno specialista».
Sulle conseguenze del Covid sulla tenuta psicologica e sulla salute mentale potrebbe aver contribuito anche la riduzione delle attività dei servizi della salute mentale nel nostro Paese, soprattutto nella prima ondata della pandemia: lo rivelano le evidenze diffuse in uno studio della Società italiana di psichiatria (Sip)pubblicato su Bmc Psychiatrye presentato in occasione dell’inaugurazione della prima conferenza italiana dei Direttori di Dipartimenti di Salute mentale. La Sip, che ha lanciato l’allarme, ritiene fondamentale in questa nuova fase, segnata dalla speranza per i vaccini, proseguire con la gestione delle patologie e dei disturbi Covid-correlati, molti dei quali legati alla sfera psichica.
«La rete per chi ha gravi problemi psichiatrici ha tenuto – commenta a tal riguardo Cozza -. Il dato da tener presente è sicuramente la necessità di un potenziamento dei servizi di salute mentale delle Asl. Questo non è un problema che riguarda solo questo periodo: diversi studi ci dicono che gli effetti psicopatologici di tutta la pandemia si mostreranno nei prossimi mesi e anni. Le ricadute e le ripercussioni sulla salute mentale ci saranno e saranno evidenti. In Italia si spende 3,5% in salute mentale, ma servirebbe almeno il 5%. Questo accadeva già prima della pandemia, e c’era già carenza di risorse umane; per questo servono risorse e bisogna fare assunzioni. È necessario potenziamento e riqualificazione dei servizi sia territoriali sia ospedalieri. Ci sarebbe bisogno di un investimento in questo settore. Finalmente nella Recovery Plan la parola salute mentale è ricomparsa».
Fonte: Doctor33