- Adv -
Anche l’Italia può contare sul suo farmaco anti-Covid. Due gli anticorpi monoclonali che dal 3 febbraio hanno ricevuto il via libera come opzione terapeutica ai soggetti non ospedalizzati che, pur con malattia lieve/moderata, risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19.
Gli anticorpi monoclonali sono ritenuti una delle più promettenti armi contro il Covid-19. Come il plasma, sono anticorpi ‘esogeni’ ovvero sostituiscono quelli prodotti dall’individuo stesso in seguito all’esposizione al virus o al vaccino. Diversamente dal plasma, però, consentono di industrializzare il processo produttivo. Già nei giorni scorsi, il presidente dell’Aifa Giorgio Palù aveva definito tali terapie come “salvavita” e il dg Nicola Magrini aveva comunicato che il Governo ha individuato un fondo per questi farmaci, garantendo così una disponibilità per coprire “diverse decine di migliaia di pazienti”.
Queste terapie vengono somministrate per infusione endovenosa da effettuarsi, indicano gli esperti Aifa, in un tempo di 60 minuti (seguiti da altri 60 minuti di osservazione) e “in setting che consentano una pronta e appropriata gestione di eventuali reazioni avverse gravi”. La popolazione candidabile al trattamento con gli anticorpi monoclonali, evidenzia il parere della Cts Aifa, dovrà essere rappresentata “unicamente da soggetti di età maggiore di 12 anni, positivi per Sars-CoV-2, non ospedalizzati per Covid-19, non in ossigenoterapia per Covid-19, con sintomi di grado lieve-moderato di recente insorgenza (e comunque da non oltre 10 giorni) e presenza di almeno uno dei fattori di rischio (o almeno 2 se uno di essi è over 65)” come Malattia renale cronica, Diabete non controllato, Immunodeficienze. La scelta in merito alle “modalità di prescrizione degli anticorpi monoclonali, come pure la definizione degli specifici aspetti organizzativi, potrà essere lasciata alle singole Regioni”.
In merito all’efficacia, nel caso del bamlanivimab ed etesevimab di Eli Lilly, il trattamento riduce il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70% in pazienti ad alto rischio, come hanno dimostrato i risultati della sperimentazione di Fase 3 presentati dall’azienda lo scorso 26 gennaio. Gli anticorpi neutralizzanti sono stati utilizzati anche dall’ex presidente Usa, Donald Trump. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, subito dopo l’ok di Aifa, ha dato disponibilità all’uso.
L’allarme varianti
Le varianti del Sars-Cov2 suscitano allarme anche nei Paesi dove la vaccinazione sta andando più spedita. Ecco perché per rendere più difficile lo sviluppo di mutazioni, le aziende farmaceutiche Eli Lilly and Company, Vir Biotechnology e GlaxoSmithKline hanno annunciato una collaborazione per valutare la combinazione di due anticorpi monoclonali diversi. “Con un virus come Sars-CoV-2, si prevede che potrebbero emergere varianti che richiedono nuove opzioni terapeutiche, motivo per cui Lilly sta studiando bamlanivimab insieme ad altri anticorpi neutralizzanti, incluso etesevimab. L’aggiunta di VIR-7831 al nostro studio è una parte importante per il trattamento dei ceppi attuali e futuri di Covid-19”, ha affermato Daniel Skovronsky, chief scientific officer e presidente di Lilly Research Laboratories.
Due tipi di monoclonali
Il bamlanivimab con VIR-7831, sono due anticorpi che si legano a diversi epitopi (proteine di superficie) della proteina spike Sars-CoV-2. Il bamlanivimab è un anticorpo diretto contro la proteina spike di Sars-CoV-2 progettato per bloccare l’attacco virale e l’ingresso nelle cellule umane, neutralizzando così il virus. Il VIR-7831 è un anticorpo monoclonale a doppia azione selezionato per lo sviluppo clinico in base al suo potenziale sia di bloccare l’ingresso virale nelle cellule sane, che di eliminare le cellule infette, nonché al suo potenziale di fornire un’elevata barriera alla resistenza.
(Fonte Dica33)